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Ciccì, un bambino con le mani di adulto, e un geometra di Genova, si incontrano nelle campagne di un piccolo borgo del Potentino nell'anno del Signore 1910 (o giù di lì). I due lavorano alla costruzione di un ponte canale dell'Acquedotto Pugliese, "il più grande acquedotto del mondo". Condividono polvere, odori sgradevoli e pietre, molte pietre, infinite pietre da sgrezzare. Trascorrono tanto di quel tempo, insieme, che alla fine il tempo stesso finisce per incollarli in un rapporto di giorno in giorno sempre più intenso e più intimo. L'amicizia è un sentimento strano. A volte non ha bisogno di nulla. Spesso si ciba di privazioni e di fame, per crescere bene. È nelle avversità che l'amicizia esprime il meglio di sé. Il ponte che hanno contribuito a realizzare è stato da poco terminato. Si staglia, bello e austero, sullo sfondo del loro rapporto, come una quinta dell'esistenza. Stanno per separarsi. Sopra tutto, l'acqua, elemento immanente da cui tutto trae principio e ragione, deus ex machina dei destini loro e di un'Italia che stenta ancora a riconoscersi unita.